Ad ottobre 2014, a causa di un cedimento del ginocchio, ho scoperto di avere un tumore. Il protocollo prevedeva 4 chemio pre-operazione, l’operazione (avvenuta il 24 dicembre dello stesso anno) ed infine le ultime 12 chemio post operazione, di cui l’ultima fatta a Luglio 2015.
Nel periodo che va dalla fine delle chemio ad Aprile 2016 sono stato sottoposto a controlli che prevedevano una tac ai polmoni ed i Rx alla gamba con scadenza ogni tre mesi.
Ad Aprile 2016 ho scoperto, toccandomi la gamba di avere un bozzo al ginocchio destro, con vari controlli ho scoperto che si trattava di una recidiva localizzata. (In questa occasione ho rischiato l’amputazione ma grazie alla Pet abbiamo optato per una operazione conservativa della gamba).
Dopo un mese dalla operazione, Maggio 2016 ho avuto un’infezione che mi ha portato a fare, fino ad Ottobre 2016, 6 mesi di antibiotici endovenosi ad infusione continua.
Però solo dopo un mese dalla sospensione dell’antibiotico, a Novembre 2016, mi è ricomparso un bozzo nella cavità del ginocchio destro. Con controlli su controlli ho scoperto che si trattava sia di una seconda recidiva e sia del ritorno della infezione.
In questo caso per non rischiare che per la terza volta potesse tornare la recidiva e potessero partire anche delle metastasi ai polmoni, ho optato per l’amputazione della gamba destra, che mi ha portato poi ad una disarticolazione dell’anca.
Perché racconto sempre che questi tre anni della mia vita, passati in questo modo tragico? Perché sono stati gli anni più belli della mia vita! Perché mi ha dato molto più di quanto mi possa aver sottratto!


Oggi ho una vita con un senso più profondo, riesco grazie alla malattia a vivermi a primo ogni istante del presento, vivendo la vita qui ed ora. La malattia mi ha fatto apprezzare ogni aspetto della vita quotidiana senza lasciare al caso nessun aspetto.
In più questo percorso mi ha fatto scoprire passioni mai esplorate, come l’amore per la culturaindispensabile per conoscere se stessi e ciò che ci ruota intorno, l’amore per la lettura e scrittura (grazie alla quale è nato il mio libro Non Siamo Immuni), la passione civile e l’amore per la musica.
Ma in tutto questo c’è un passaggio fondamentale che non va trascurato. Con l’amputazione che poteva sembra la fine di tutto, un limite insormontabile invece è rifiorita la voglia di ricominciare a fare sport. Prima della malattia ho fatto per bene dieci anni equitazione a livello agonistico. Lo sport che ho sentito sulla pelle a sensazione di voler intraprendere è stato il canottaggio.

Lo faccio proprio grazie a questa mia condizione fisica, perché è stata questa a ridarmi gli stimoli necessari per ricominciare un percorso che prima sembrava concluso. Questa è la dimostrazione che non c’è siepe senza infinito e non c’è infinito senza siepe. Cioè, da un limite può nasce qualcosa di più lungo, l’importante è riuscire a vedere la bellezza in tutto ciò con una mentalità positiva. Vedere non quello che non hai ma ciò che hai.
L’ultima cosa che mi preme dire è che in questi tre anni di malattia, ci sono stati vari fattori che mi hanno permesso di superare al meglio questa salita, ma uno tra tutti è stata la mentalità che ho sviluppato mediante la pratica sportiva. Per me lo sport è stato ed è una palestra di vita: ti insegna che la vita non è tutta rosa e fiori come ci illudiamo che sia ma esistono anche momenti in cui cadiamo, in cui ci sentiamo fragili oppure in cui abbiamo paura. Questi momenti non rappresentano la fine della nostra vita ma solo una tappa che ci fa crescere e maturare. Quando cadiamo da una barca non è che molliamo tutto e lasciamo perdere alla prima difficoltà (nemmeno alla centesima) ma ci rialziamo e cerchiamo di capire dove abbiamo sbagliato e cosa dobbiamo migliorare. Lo sport ci insegna che le cose belle, quelle che ti danno maggiore soddisfazione, si ottengono con il sudore della fronte. Per ottenere anche il risultato più importante della propria carriera si devono seguire allenamenti faticosi, doppi o tripli allenamenti al giorno. Ma poi i risultati arrivano! Quindi questo è la dimostrazione plastica che nella vita se si vuole arrivare (anche se non si arriva mai) bisogna percorrere la strada che non ha scorciatoie, bisogna percorrere ogni tappa perché ognuna di queste servirà a formarci a 360° gradi. Facciamo tesoro sia dei bei momenti ma soprattutto di quelli negativi, perché sono proprio quest’ultimi che determinano l’uomo e la donna che siamo o che diventeremo.
Ciao, mi chiamo Giacomo e sono un atleta!